martedì 9 dicembre 2008

City Gallery Atto II° (Il più italiano tra i francesi)

Quella domenica alla City Gallery ho avuto più di una sorpresa. A partire da ‘Sara Dancing’ di cui ho parlato nell’Atto I° e finendo con lo studio di Francis Bacon, smontato a Londra e rimontato tale e quale qui a Dublino (e poi mia mamma dice che a casa nostra è un casino!). Nella City Gallery, in cui le sale sono piccole con le pareti colorate e certe divise per nazionalità, ho potuto vedere alcuni Edgard Degas, J-B. Camille Corot, Eduard Manet, Berthe Morisot (ricordate?), Pierre Aguste Renoir, si trovano anche alcuni italiani forse poco famosi in Italia. Ma ce n’è uno in particolare, che ovviamente già conoscevo, ma di cui c’è solo un’opera (che secondo me vale per dieci, non fosse altro per le dimensioni che in un’opera preferisco grandi!), ed è Giovanni Boldini (1842-1931) con la Ritratto di Lady Florence Phillips 1903 qui a finaco. Ora questo ritratto di questa elegante signora fa parte di tutta una serie di grandi ritratti di eleganti signore a cui Boldini si dedicò nel suo periodo francese dalla fine degli anni 90 dell’800 fino alla morte. Come diceva non mi ricordo chi (e ve l’ho già detta che questa dei nomi è una mia pecca) riguardo la pittura olandese: ‘bellissimi, peccato siano piccoli’; e io concordo pienamente, sia per quel rigurado l’arte olandese in particolare, sia per quanto rigurada la grandezza in generale di un’opera d’arte. Certo non è che tutti i quadri grandi sono bellissimi, e non è che tutti i quadri devono essere per forza grandi come la Zattera della Medusa o Guernica, ma se posso dire la mia per me vale un po’ il vecchio detto ‘altezza mezza bellezza’, in questo caso ‘grandezza’. Mi piaccioni i quadri in cui devi per forza muovere il collo e la testa per cogliere la maggior parte dei particolari, e poi ti metti distante, ti siedi e ne apprezzi l’insieme. Come un puzzle. Ritornando all’arte olandese che io prediligo quasi su tutto, essi sono sono appunto l’eccezione che fonda la regola in quanto stupefancente concentrato di magistrale tecnica. Ma arrivando al punto intorno alle eleganti signore del Boldini. Ovviamente in critica dell’arte più si studia e più si trovano pareri contrastanti, invece di trovare unità. Nel senso, va bene che nella critica ogni critico dice la sua, così io la mia, ma a volte pare così strano leggere sulle stesse opere della stessa persona dello stesso periodo critiche completamente opposte. Per esempio: in un libricino monografico su Boldini (A.Borgogelli), si esalta la sua ultima maniera, con le linee di movimento tracciate attorno per indicarne il movimento, che pare anticipare le linee dei futuristi (assolutissimamente d’accordo, perosonalmente lo preferisco ampiamente qui che nel periodo anni 70) : ‘Boldini come Bragaglia e Balla prefuturista contesta l’istantanea preferendo l’aura psicodinamica che avvolge le sue creature’. In poche parole quei segni col pennello lungo che delineano le traiettorie dei movimenti dei corpi o dei vestiti. ‘Nei suoi quadri, il gesto non è posa, è moto, cioè transizione, sì che, pur esprimendo quello che è, esso contiene ancora quello che è stato e già esprime ciò che vuoi divenire. Nessuno ha saputo far star sedute le persone come Boldini.’ (Cardona, Lo studio di Giovanni Boldini, 1937) Da qui arrivano le critiche negative: si obbietta che sono siano pretesti tecnici per un’esercitazione personale. Come ho letto in altri testi che lo abbassanno di tono proprio per questo suo essersi calato eccessivamente nella vita mondana e superficiale di Parigi, e questo nuovo modo non si riduceva ad altro che variazioni sul tema, un principio di ripetizione differente... Ma a questo punto dico: ma anche gli impressionisti mi pare perseguissero questa ‘ripetizione differente’. Sperimentavano gli stessi luoghi e soggetti in diversi fasi del giorno e delle stagioni... e con molta probabilità un covo di paglia alle 5 del pomeriggio d’inverno, con tutto il rispetto per monsieur Monet, è molto meno espressivo di un ritratto di donna alla stessa ora nella stessa stagione... Ma anche fosse? Si era calato nella vita mondana di Parigi? Tra l’altro non era mica l’unico, tipo Degas coi suoi interni, va bè dici lui era già francese, ma meglio ancora allora! Un’italiano a Parigi (il più italiano degli artistiti a Parigi) che cambia il suo stile precedente (altamente italiano, dato che derivava dai macchiaioli) e ‘inventa’ qualcosa di nuovo, ben venga! O no? Non capisco dove sia la critica negativa. Ma poi come fai a critcare uno che ha fatto ritratti così affascinanti?? Personalmente io ritengo che in questi ritratti di donne di Boldini si ritrovano quella eleganza ed spressione intima femminile delle precedenti dame del 400. Un salto di quasi 500 anni a piedi pari e portati benissimo. Tutte bellissime pensano qualcosa ma non rivelano niente; come la Belle Ferronierre del 1490 vi ricordate? Cosa stava pensando? Dove o chi guardava in quel modo? Se davvero era il suo prestigioso amante, certo non lo poteva dire, e men che mai poteva farsi ritrarre con lui, il buon senso del tempo non lo permetteva. Ma lei c’era, e il senso del decorum del tempo le permetteva e anzi le imponeva di essere bella. E se una è bella si può permettere di essere fortemente presente e fortemente allusiva direi; con quello sguardo diagonale dico-non-dico in quella compostissima posa affermava tutta la sua presenza e imponeva di soppiatto un certo rispetto. E lo stesso le donne di Boldini, sembrano così perse nella loro vanità ‘... sono nature flessuose e disinibite che mostrano senza reticenza un modello di bellezza erudito e, spogliandosi, affermano la loro autodeterminazione di individui maturi e emancipati, pienamente consapevoli della propria femminilità.’ ... vanità che non era concessa 500 anni prima, ma sul ‘pienamente consapevoli della propria femminilità e affermazione’ ci metterei la mano sul fuoco! E di riflesso la mia preferita qui a lato ‘Ritratto della Contessa Luisa Casati con levriero’ 1908.

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